sabato 4 gennaio 2014

Preso, lasciato e poi ripreso


La dodicenne Paloma descrive così la portinaia Renée  "... ha l'eleganza del riccio: fuori è protetta da aculei, una vera e propria fortezza, ma ho il sospetto che dentro sia semplice e raffinata come i ricci, animaletti fintamente indolenti, risolutamente solitari e terribilmente eleganti."
Terminai di leggere "L'eleganza del riccio" il mese scorso, qualcuno me lo regalò alcuni anni fa, scrissi qualcosa anche sul blog, ricordo che lo descrissi come un po monotono, una sorta di saggio saccente,
 verboso, pedante, pieno di sé...  ricordo inoltre, d'averlo lasciato per leggere qualcosa d'altro.
Poi lo ripresi, più per testardaggine  che per vero desiderio di continuare la lettura. Per fortuna i suoi capitoli brevi, mi lasciavano tempo per riflettere, la complessità del libro è nota a tutti, quindi i particolari che mi si svelavano man mano che m'avviavo alla fine, mi invogliavano a continuare la lettura. Confesso che m'innamorai dei personaggi che comparivano e sono felice di non essermi lasciata tentare dalla mia prima impressione.
Anche Paloma, la ragazzina da me considerata saccente, si redime in questo struggente finale, che stranamente non ritrovai nel film "Il riccio"della regista Mona Achache, visto al cinema esattamente quattro anni fa.

“Stasera, ripensandoci, con il cuore e lo stomaco in subbuglio, mi dico che forse in fondo la vita è così: molta disperazione, ma anche qualche istante di bellezza dove il tempo non è più lo stesso. E' come se le note musicali creassero una specie di parentesi temporale, una sospensione, un altrove in questo luogo, un sempre nel mai.
Sì, è proprio così, un sempre nel mai.
Non preocuparti, Rennée, non mi suiciderò e non darò più fuoco a un bel niente.
Perchè d'ora in poi, per te, andrò alla ricerca dei sempre nei mai.
La bellezza, qui, in questo mondo.”
Muriel Barbery - L'eleganza del riccio